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Lunedì, 29 Aprile 2024
gli scenari

Come risponderà Israele agli attacchi dell'Iran?

La reazione israeliana non è affatto da escludere, anche se i tempi e la portata di tale ritorsione non sono stati resi pubblici. Le ipotesi di un attacco di Tel Aviv sono molte

E ora cosa succederà? È la domanda che tutti si pongono dopo l'attacco senza precedenti dell'Iran verso Israele nella notte tra il 13 e il 14 aprile. Perché i due nemici storici, che da circa 45 anni si limitano a colpirsi a vicenda in Paesi limitrofi in quella che viene definita "guerra ombra", rischiano di andare allo scontro diretto coinvolgendo numerosi alleati regionali e occidentali.

La minaccia dell'Iran: "Risposta forte se Israele risponde"

Perché siamo arrivati a questo punto? Riavvolgiamo il nastro. La rappresaglia dell'Iran, che doveva replicare all'uccisione di Mohamed Reza Zahedi, uno dei più importanti pasdaran iraniani in un raid israeliano a Damasco, in Siria, il 1° aprile, era attesa da tempo. Questo perché la sua eliminazione è stato il colpo più duro inferto all'Iran negli ultimi cinque anni e la morte più significativa dopo quella di Qasem Soleimani, ucciso a Baghdad il 3 gennaio 2020 da un attacco mirato delle forze militari statunitensi su ordine di Donald Trump.

La rappresaglia era quindi stata annunciata e il Paese degli ayatollah ha passato comunicazioni attraverso canali riservati sulle loro intenzioni ai Paesi vicini e - dice Teheran - anche a Washington. L'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno condiviso con gli Stati Uniti informazioni di intelligence utili a Israele per contrastare l'attacco missilistico e con droni lanciato dall'Iran. Stando a quanto scrive il Wall Street Journal, due giorni prima di attaccare Israele, l'Iran aveva informato dei propri piani diversi Paesi del Golfo, tra cui l'Arabia Saudita. Queste informazioni sono state poi passate agli Stati Uniti. Nei giorni che hanno preceduto l'attacco, gli Stati Uniti avevano chiesto alla Cina di fare pressioni sull'Iran per dissuadere il regime da possibili rappresaglie contro Tel Aviv. Richiesta senza successo, però. Pechino ha invitato gli attori regionali alla "massima calma e moderazione, per evitare un'escalation". Per il ministero degli Esteri cinese, l'attacco rappresenta solo "l'ultima ricaduta" del conflitto a Gaza, che "va fermato adesso".

Quello dell'Iran è stato un messaggio sia alla sua popolazione sia al premier israeliano Benjamin Netanyahu. Alla sua popolazione perché gli ayatollah devono rispondere un'ampia fetta della società costituita da fondamentalisti sciiti e antisemiti, che accusa il regime iraniano di essere troppo moderato nei confronti di Israele per la guerra a Gaza. Teheran ha anche inviato un chiaro monito a Tel Aviv: c'è una linea rossa da non varcare. "L'attacco limitato dell'Iran contro Israele mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l'Iran, dovrà sicuramente affrontare una risposta molto forte", ha detto il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian, in un colloquio telefonico con l'omologo russo Serghei Lavrov. 

L'aiuto e la moderazione degli Stati Uniti

Adesso Netanyahu deve decidere quale sia la risposta più efficace da dare all'Iran. Al momento, il premier israeliano ha seguito il consiglio imposto dal presidente statunitense Joe Biden e fermato la rappresaglia immediata e, quindi, uno strike sul territorio iraniano. "Hai vinto. Incassa la vittoria e rivendicala", ha detto Biden a Netanyahu in una telefonata poco dopo l'attacco iraniano, pur promettendo un impegno "corazzato" per la sicurezza di Israele contro le minacce iraniane. Perché gli sforzi dell'inquilino della Casa Bianca - impegnato nella campagna presidenziale - puntano ora alla moderazione e a fermare la spirale delle ritorsioni e di una guerra estesa in tutto il Medio oriente, che non vedrebbe l'appoggio di Washington. La parola d'ordine è quindi de-escalation. 

Ma se Israele è riuscito a fermare le ondate di ordigni iraniani non è stato solo per l'efficienza del suo sistema anti-aereo: il successo è dovuto soprattutto all'alleanza con i Paesi sunniti, mediata e gestita da Washington. L'attacco dell'Iran contro Israele con centinaia di droni e missili ha segnato il culmine di settimane di tensione in cui Washington si è impegnata in vorticosi sforzi per prepararsi alla violenza prevista. Gli aerei e i velivoli americani hanno abbattuto decine di droni e missili quando l'Iran ha sferrato l'attacco. Teheran ha lanciato una raffica di oltre 100 missili balistici a medio raggio, più di 30 missili da crociera per l'attacco terrestre e più di 150 droni d'attacco contro Israele, ha dichiarato un alto funzionario militare statunitense.

Come funziona lo "scudo" che ha protetto Israele dall'Iran

Due navi da guerra americane - la USS Arleigh Burke e la USS Carney - hanno distrutto tra i quattro e i sei missili balistici, mentre gli aerei statunitensi hanno abbattuto più di 70 droni iraniani. Una batteria di missili Patriot ha inoltre abbattuto un missile balistico diretto verso Israele nella zona della città di Arbil, nel nord dell'Iraq.

La mappa del Medio Oriente (LaPresse)

Ma non mancano i fallimenti dell'arsenale iraniano. Secondo funzionari statunitensi citati dal Wall Street Journal, circa metà dei missili balistici dell'Iran contro Israele il lancio non è riuscito per motivi tecnici o sono caduti prima di raggiungere l'obiettivo. I fallimenti dei missili e droni iraniani (abbattuti al 99 per cento, provocando solo una vittima, una bambina di 10 anni) confermano le teorie degli esperti, che sostengono quanto l'Iran non sia pronto militarmente a una guerra con Israele e i suoi alleati occidentali. Su Teheran pesano infatti le pesanti sanzioni occidentali.

Come risponderà Israele?

Forte del sostegno mostrato da Francia, Gran Bretagna, Giordania e Stati Uniti, Netanyahu potrebbe voler distruggere i siti della ricerca nucleare in Iran, che da tempo considera una minaccia esistenziale per Israele. Il piano, come ricostruito dal giornale Jerusalem Post, è già allo studio e prevede l'utilizzo di squadre di F-35 per andare a colpire a 2mila chilometri di distanza le difese anti-aeree iraniane che proteggono i siti atomici: qui gli aerei militari dovrebbero sganciare bombe da decine di tonnellate che tuttavia neppure l'amico Donald Trump ha accettato di fornire. Si tratta delle bunker buster, bombe che costruite per colpire bersagli protetti e capaci di penetrare in profondità nel terreno. Ma se Israele vuole ottenere un risultato e distruggere i siti nucleari iraniani, ha bisogno del sostegno degli Stati Uniti. Sostegno che, al momento, manca. 

Tuttavia, la reazione israeliana non è affatto da escludere, anche se i tempi e la portata di tale ritorsione non sono stati resi pubblici. Le ipotesi di un attacco di Tel Aviv sono molte. Lo Stato ebraico potrebbe effettuare raid aerei contro le basi dei Guardiani della Rivoluzione oppure sulle industrie belliche o ancora contro luoghi simbolici, come il ministero della Difesa a Teheran. C'è poi l'idea di colpire i gruppi filo iraniani, come Hezbollah in Libano e gli Houthi in Yemen che stanno bloccando il traffico commerciale nel mar Rosso. Ma per farlo, Tel Aviv deve sorvolare sui quei Paesi - come Turchia Siria e Iraq - esponendosi a una reazione della contraerea. 

Oltre mille soldati italiani nell'area di guerra tra Iran e Israele

Nonostante l'avvertimento di Biden, il membro del gabinetto di guerra israeliano Benny Gantz ha dichiarato: "Costruiremo una coalizione regionale e chiederemo il prezzo all'Iran nel modo e nei tempi che noi riteniamo giusti". Tutti gli occhi ora sono puntati su Tel Aviv per vedere quali saranno le sue reazioni, nella speranza che non si verifichi quello scenario da incubo che comporterebbe enormi costi in termini di vite umane e probabilmente trascinerebbe gli Stati Uniti e Gran Bretagna nel conflitto.

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