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Venerdì, 26 Aprile 2024
microchip e sovranità tecnologica / Germania

La Germania affossa la cinese Huawei: si alza la tensione tra Berlino e Pechino

L'accordo avrebbe legato l'amministrazione comunale di Duisburg al colosso tecnologico cinese attraverso la sua infrastruttura informatica. Il mancato rinnovo del memorandum ha a che fare con la guerra in Ucraina

La Germania dice addio alla sua "China city". A Duisburg, città di 500.000 abitanti della principale economia europea, doveva sorgere una smart city, una città intelligente sul modello cinese. A sviluppare il progetto sarebbe stato il gigante asiatico Huawei, finito nel mirino statunitense e canadese perché accusato di spionaggio, e quindi classificato come una minaccia interna. Ma per il progetto tra il gigante cinese e l'amministrazione della città tedesca qualcosa è andato storto.

A dare la notizia in esclusiva è il South China Morning Post, che mette in fila i fatti e ricostruisce cosa è avvenuto dietro le quinte, raccontando cosa abbia portato l'amministrazione di Duisburg (guidata dall'Spd, lo stesso partito del cancelliere Olaf Scholz) a non rinnovare il memorandum, scaduto lo scorso mese, che la legava a Huawei dal 2018. 

Pesano le relazioni tra Russia e Cina

Nel documento firmato quattro anni fa tra l'amministrazione del centro urbano tedesco e il colosso cinese si presentava l'idea di trasformare Duisburg "da una tradizionale città industriale in una smart city orientata ai servizi", modernizzando la sua pubblica amministrazione, la logistica portuale, l'istruzione e le infrastrutture del traffico, utilizzando l'avanzata tecnologia 5G. L'accordo avrebbe legato l'amministrazione comunale di Duisburg a Huawei attraverso la sua infrastruttura informatica. Il mancato rinnovo del memorandum, secondo fonti del quotidiano di Hong Kong, è da legarsi alle "attuali relazioni tra Russia e Cina".

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Ma c'è anche dell'altro e ha a che fare con la polemica interna al governo tedesco sulle infrastrutture nazionali vendute ad aziende cinesi. La rottura del legame con Huawei, già sospeso dal 2020 a causa della pandemia da Covid-19), segna un cambiamento nella politica dalla città, che aveva spalancato le porte agli investimenti cinesi e si era presentata come la "porta d'ingresso per l'Europa" della Cina. È dagli anni '80 che Duisburg vanta relazioni con la Repubblica popolare cinese e negli ultimi anni ha portato avanti la collaborazione con il gigante asiatico e le sue aziende, nonostante i dubbi sorti sul ruolo strategico di Huawei nelle infrastrutture 5G europee. 

Il porto di Duisburg abbandonato da Cosco

La crisi economica e infrastrutturale della regione di Ruhr, di cui Duisburg fa parte, è infatti stata un'ottima calamita per attrarre gli interessi cinesi, in particolar modo per il suo porto interno, il più grande al mondo. Il terminal di Duisburg è stato presentato come parte ufficiale della Belt and Road Initiative (BRI) cinese nel 2013, promosso a questo livello dal presidente cinese Xi Jinping in visita l'anno successivo: un riconoscimento arrivato già nel 2011, quando sono partiti i primi scambi ferroviari con la città cinese di Chongqing.

Xi Jinping a Duisburg nel 2014

In un decennio, l'economia locale è cambiata e ora 40mila lavoratori sono impegnati nel porto di Duisburg, la cui attività principale è il commercio cinese. Qualcosa però è successo recentemente. La China Ocean Shipping Company (Cosco) - che recentemente ha ricevuto il via libera dal governo di Olaf Scholz  per l'acquisizione di una quota del 24,9% nel porto tedesco di Amburgo, contro il 35% precedentemente programmato - ha venduto le proprie azioni nel terminal portuale di Duisburg. E lo ha fatto senza troppe esitazioni né tante spiegazioni. 

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Berlino protegge le industrie nazionali di chip

Le porte alle aziende cinesi si chiudono anche a livello federale per proteggere il settore high tech. Berlino ha bloccato l'acquisizione da parte di investitori cinesi di due società nazionali di semiconduttori. L'ultimo accordo, in ordine di tempo, è quello bloccato dal ministro dell'Economia tedesco Robert Habeck, che, secondo il quotidiano Handelsblatt, riguarda l'azienda di microchip ERS Electronic.

L'altro stop è arrivato da Berlino lo scorso 7 novembre per bloccare l'acquisizione dell'industria Elmos con sede a Dortmund da parte della Silex Microsystems di proprietà cinese. La Elmos è una delle società tedesche di semiconduttori più piccole, che produce principalmente chip per l'industria automobilistica. Per il responsabile dell'Economia tedesca, le vendite metterebbero a rischio l'ordine pubblico e la sicurezza in Germania, e "mezzi più soft" del veto non sarebbero adeguati. Insomma, priorità alla difesa della sovranità tecnologica ed economica della Germania e dell'Europa.

Le decisioni del governo tedesco su Elmos ed ERS sono arrivate pochi giorni dopo la criticata visita del cancelliere Scholz in Cina. L'esecutivo tedesco vuole cercare di bilanciare la spinta delle aziende nazionali verso il mercato cinese con l'intenzione di ridurre la dipendenza commerciale della Germania dalla Cina. 

Berlino prova a dire addio al Made in China

Le ambizioni di Pechino 

Le ultime decisioni di Berlino mettono a rischio i piani di Pechino, che ha fame di semiconduttori: nessun altro paese al mondo acquista così tanti chip come la Cina. La Repubblica popolare detiene questo primato dal 2005. Un primato che è salito nel 2015 in cima all'agenda del governo cinese. Con piano strategico nazionale "Made in China 2025", a sua volta incastonato nei tradizionali piani quinquennali varati da Pechino, la Cina si è posta l'obiettivo di essere autosufficiente nei “materiali chiave” entro il 2025.

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E questi includono anche i microchip. Il gigante cinese punta a coprire il 70% del suo fabbisogno di semiconduttori con i produttori nazionali. Ma nel piano strategico non viene precisato se in quel 70% finiranno anche anche semiconduttori prodotti da aziende straniere dentro la Muraglia.

Così Pechino, mentre porta avanti investimenti massicci interni per spingere l'industria di microchip, cerca di fare incetta di industrie straniere. Per questo la Cina sta rapidamente diventandoanche una questione divisiva all'interno della politica tedesca. E Berlino sembra non aver imparato molto dagli errori commessi per l'eccessiva dipendenza dalla Russia.

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