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Venerdì, 26 Aprile 2024
Amore e cervello

Cosa accade al cervello quando ci innamoriamo: i neurologi spiegano quali processi si attivano

Vincenzo Andreone, Direttore UOSC Neurologia – Stroke Unit dell’AORN “A. Cardarelli” di Napoli, e Rosaria Renna, dirigente medico dello stesso reparto, ci accompagnano in un viaggio alla scoperta del cervello "innamorato"

Tutti noi crediamo che il cuore sia la parte del corpo maggiormente coinvolta quando ci innamoriamo. Ma è realmente così? E’ il cuore a determinare le emozioni e i comportamenti della persona innamorata? Secondo gli ultimi studi nel campo delle Neuroscienze al centro al processo dell’innamoramento c’è in realtà il cervello, anche se questo organo è comunemente associato alla ragione e alla razionalità. "Ad essere responsabile delle tante manifestazioni della persona innamorata, incluse la sensazione di benessere ed euforia, la sudorazione delle mani, la sensazione di farfalle nello stomaco e la percezione del cuore che batte forte - spiegano a Today i neurologi, il dott. Andreone e la dott.ssa Renna - è l’attivazione di specifiche aree cerebrali". Ma non solo, anche l'attrazione e il desiderio sessuale hanno un profondo legame con il cervello, e, in particolare, con alcuni neurotrasmettiori e ormoni specifici.

I neurologi, Vincenzo Andreone, Direttore UOSC Neurologia – Stroke Unit dell’AORN “A. Cardarelli” di Napoli, e Rosaria Renna, dirigente medico dello stesso reparto, ci accompagnano in un viaggio alla scoperta del cervello "innamorato" e di quei meccanismi che si attivano quando amiamo.

Quali aree cerebrali e processi neurologici si attivano quando ci innamoriamo?

“Nell’immaginario comune e praticamente da sempre l’organo associato all’amore è il cuore. Il binomio “cuore-amore” è stato declinato infinite volte, con straordinari risultati in letteratura, nella poesia, in musica e in arte. Questa associazione è verosimilmente legata all’effetto dell’amore sul cuore, basti pensare all’accelerazione del battito cardiaco e alla sensazione che il cuore esca fuori dal petto che percepiamo quando vediamo o pensiamo la persona di cui siamo innamorati. Non a caso Blaise Pascal scriveva: “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”. Tuttavia, nelle ultime due decadi gli studi nel campo delle Neuroscienze hanno dimostrato che l’organo in cui si realizzano i principali cambiamenti quando ci innamoriamo è il cervello. È l’attivazione di specifiche aree cerebrali ad essere responsabile delle tante manifestazioni dell’innamoramento, incluse la sensazione di benessere ed euforia, la sudorazione delle mani, la sensazione di farfalle nello stomaco e la percezione del cuore che batte forte. Le aree interessate sono nella corteccia (l'insula, il cingolato anteriore e l'ippocampo) e, a livello subcorticale, alcune parti dello striato e, probabilmente, anche il nucleo accumbens, che insieme costituiscono il cuore del “reward system”, ovvero il sistema della ricompensa (quell’insieme di strutture neurali responsabili della motivazione, dell'apprendimento associativo e delle emozioni positive)”.

Quali neurotrasmettitori vengono coinvolti nell’innamoramento e che ruolo hanno?

“Sotto il profilo ormonale è possibile declinare l’amore romantico in tre distinte categorie: il desiderio, l’attrazione e l’attaccamento. Il desiderio sessuale è legato alla produzione di testosterone e di estrogeni, in ambo i sessi. L’attrazione, invece, dipende dalla produzione ipotalamica di dopamina, mentre ossitocina e vasopressina favoriscono reazioni di attaccamento che consentono relazioni più stabili e che sono anche alla base di comportamenti più sociali e amichevoli. Volendo semplificare, molto probabilmente un giusto mix ormonale di testosterone, estrogeni, dopamina e ossitocina è alla base della “formula magica” dell’amore romantico vissuto senza eccessi. Le aree cerebrali maggiormente attive nell’amore romantico, in particolare quelle del “reward system”, contengono quindi elevate concentrazioni di dopamina (neurotrasmettitore associato al desiderio, alla dipendenza, allo stato di euforia e alla ricompensa, intesa come proprietà attraente e motivazionale di uno stimolo). Ed è proprio l’attivazione del “reward system” che determina l’intenso stato di euforia tipico delle prime fasi dell’innamoramento. Ma nell'amore romantico entrano in gioco anche altri neurotrasmettitori come la serotonina, la cui concentrazione, però, diminuisce. Questo neurotrasmettitore è legato alla regolazione dell’appetito, per questo le sue ridotte concentrazioni cerebrali in fase di innamoramento possono spiegare la diminuzione dell’appetito tipica di questa fase. La serotonina, inoltre, è tra i principali neurotrasmettitori implicati nella regolazione dell’umore: bassi livelli di serotonina si associano a stati ansiosi, pensieri ossessivi e riduzione del tono dell’umore, fino a veri e propri stati depressivi. Diversi studi hanno dimostrato la riduzione delle concentrazioni di serotonina nelle prime fasi dell’amore romantico a livelli comuni con quelli dei pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo: l’amore, dopo tutto, potrebbe essere considerato una forma di ossessione che nelle fasi iniziali catalizza il pensiero, incanalandolo in un’unica direzione, quella che porta alla persona amata. Pertanto, può attribuirsi alla ridotta concentrazione di serotonina nei primi stadi dell’amore quella sensazione di vivere l’amore quasi come un’ossessione: il pensiero è rivolto incessantemente alla persona di cui ci stiamo innamorando o di cui già siamo innamorati e le azioni e i comportamenti sono finalizzati all’avvicinamento e al raggiungimento di tale persona. Infine, un ruolo importante lo ha anche l’adrenalina, la cui produzione è fortemente indotta dall’innamoramento. La stimolazione del sistema adrenergico provoca le sensazioni ben note agli innamorati di batticuore, farfalle nello stomaco e aumento della sudorazione”.

E’ vero che quando ci innamoriamo tendiamo a dare molto meno spazio alle emozioni negative e al sentimento della paura? Come mai?

“Il “reward system” che, come detto, ha un ruolo centrale nell'amore romantico, ha ricche connessioni con altre aree cerebrali, tra le quali la corteccia frontale, parietale e temporale, nonché un importante nucleo situato all'apice del lobo temporale, noto come amigdala. L'amigdala è nota per essere coinvolta in situazioni di paura e la sua de-attivazione, che si verifica quando una persona vede la persona amata, implica una diminuzione della paura. Inoltre, la passione totalizzante e coinvolgente dell'amore romantico è rispecchiata da una sospensione del giudizio e da una minore rigidità dei criteri di giudizio in base ai quali valutiamo le altre persone. Tali capacità di critica e giudizio sono una funzione propria della corteccia frontale, che,  insieme ad aree della corteccia temporo-parietale, è comunemente coinvolta nelle emozioni negative. La sua de-attivazione, che si realizza quando ci si trova di fronte alla persona amata, non deve quindi sorprendere, e spiega perchè, quando siamo profondamente innamorati, sospendiamo quei giudizi critici che normalmente utilizziamo per valutare le persone e diamo meno spazio a sentimenti negativi e di paura. Inoltre, questo affascinante network neurale tra la corteccia prefrontale, la giunzione parieto-temporale e i poli temporali è straordinariamente attivo nei processi di "mentalizzazione" che sono alla base della cosiddetta "teoria della mente" (la capacità di capire le emozioni e le intenzioni altrui). Una caratteristica della mentalizzazione in termini di "teoria della mente" è ad esempio la capacità di distinguere tra il sé e l’altro. Pertanto, per ottenere l’idea romantica dell’"unità nell'amore", quell’unità in cui il sé e l'altro si fondano, questo processo mentale di distinzione tra sé e l'altro deve essere reso inattivo. Con tali teorie che sostengono la de-attivazione di questo network formato da corteccia frontale e temporo-parietale possiamo spiegare, quindi, sia perché a volte ci ostiniamo ad amare persone sbagliate (sono sospese le capacità di critica e non valutiamo obiettivamente la persona amata) sia perché riusciamo a credere nell’”unità nell'amore”.

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Cosa porta al passaggio dall’innamoramento alla creazione di una relazione stabile? 

“Il substrato neurobiologico alla base del passaggio dalla fase acuta dell’innamoramento alla creazione e al mantenimento di una relazione stabile è l’aumento della produzione cerebrale di ossitocina e vasopressina. Questi ormoni stimolano sentimenti di tenerezza e calore, contribuendo alla creazione e al mantenimento di una relazione stabile e spingendo alla fedeltà nei confronti del partner. L’ossitocina svolge un ruolo fondamentale nel potenziare l’attaccamento della coppia e rinforza la memoria dei ricordi emotivi positivi. È prodotta dall’ipotalamo ed entra in gioco durante il contatto fisico e l’atto sessuale, ma anche durante il travaglio, determinando le contrazioni, e durante l’allattamento al seno materno. Si tratta di situazioni differenti, ma tutti questi momenti hanno come denominatore comune l’attaccamento tra due persone. L’ossitocina, quindi, è una delle sostanze prodotte nel momento in cui si forma un legame affettivo tra le persone e per questo è stata chiamata l’”ormone dell’amore”. Infine, l’aumentata produzione di endorfine favorisce il benessere e il rilassamento in un clima di stabilità e fiducia. Quindi, terminata la fase iniziale dell’innamoramento, in cui prevalgono elevate concentrazioni di neurotrasmettitori quali dopamina e adrenalina, si passa ad una fase in cui prevale l’azione di sostanze meno “eccitanti” (ossitocina e vasopressina) che, però, garantiscono stabilità al rapporto, rappresentando i correlati biochimici di stati d’animo quali l’affetto, la dedizione e la cura per l’altro. La produzione di tali neurotrasmettitori è indotta dagli abbracci e dalle carezze”.

E’ noto che l’amore romantico, così come altri tipi di relazioni d’attaccamento, abbassa i livelli di stress riducendo i livelli di cortisolo nel cervello. Qual è il meccanismo alla base di questo fenomeno?

“Nelle fasi iniziali l’amore può incrementare i livelli di stress e tensione emotiva, richiede energie e risulta dispendioso in termini di consumo di risorse emotive e cognitive. Questo investimento iniziale, che si associa a notevole aumento di stress, alla lunga tuttavia ripaga perchè l’amore romantico, così come altre significative relazioni d’attaccamento, riduce i livelli di stress nel lungo termine attraverso la riduzione dei livelli di cortisolo nel cervello. L’amore, infatti, stimola la produzione di endorfine che favoriscono la riduzione dei livelli di cortisolo. A tal proposito e dal punto di vista evolutivo, alcuni scienziati suggeriscono che l’amore sia finalizzato non solo alla riproduzione sessuale ai fini della conservazione della specie, ma anche alla riduzione dello stress e dell’isolamento sociale”.

Dal piano emotivo a quello fisico. Durante l’attività sessuale quali aree cerebrali vengono attivate?

“Le aree cerebrali attivate durante l’attività sessuale sono adiacenti, e nel caso dell'ipotalamo si sovrappongono a quelle attivate in risposta all’amore romantico, mentre le regioni in cui l’attività cerebrale diminuisce sono le stesse. Particolarmente interessante a questo proposito è l'attivazione dell'ipotalamo sia con sentimenti romantici che con l'eccitazione sessuale, ma non con l'amore materno. La sua attivazione costituisce la componente erotica presente nell'attaccamento romantico. Inoltre, l'eccitazione sessuale disattiva una regione nella corteccia frontale che si sovrappone alla regione “disattivata” nell'amore romantico. Questo spiega il perchè della sensazione di “congedarsi dai propri sensi” che si realizza durante l'eccitazione sessuale. Che ci sia un’intimità in termini di posizione geografica tra le aree cerebrali impegnate durante l'amore romantico e durante l'attività sessuale è di notevole interesse: l'amore romantico ha alla base il concetto di unità, uno stato in cui, al culmine della passione, il desiderio degli amanti è di essere uniti gli uni agli altri e di dissolvere ogni distanza tra di loro”.

Che legame c’è tra l’ossitocina e la propensione soprattutto da parte degli uomini, dopo avere avuto un rapporto sessuale, a voler dormire o a desiderare un maggior contatto con l'altra persona?

“L’ossitocina è un ormone prodotto dall’ipofisi, una piccola ghiandola situata alla base del cervello. La sua produzione è indotta dal contatto pelle a pelle e durante il rapporto sessuale. Agisce in qualche modo contrastando l’azione del cortisolo, l’ormone dello stress, riducendo aggressività e ansia e favorendo il rilassamento. Quindi, è un’ottima alleata del sonno e del relax”.

L’ossitocina ha un ruolo centrale anche nella separazione e nel distacco, fase generalmente molto dolorosa. Cosa accade nel cervello quando ci si lascia?

“Le basi neurobiologiche della reazione alla perdita temporanea o definitiva di una relazione di coppia non sono ben note. La separazione dal partner e la fine del rapporto di coppia sono sicuramente eventi ad elevato impatto emotivo, causa di sofferenze psichiche e spesso di conseguenze sintomatiche quali ansia, disturbi del sonno e reazioni depressive. Nelle persone separate di recente (entro una settimana) è stato riscontrato un incremento del cortisolo plasmatico associato a sintomi minori della sindrome da astinenza, quali irritabilità e disturbi del sonno. La separazione dal partner, infatti, sembra essere associata all’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, il cui effetto ultimo è l’incremento dei livelli circolanti di cortisolo”.

Alcuni studi hanno dimostrato che è l’uomo a soffrire di più rispetto alla donna dopo una separazione. Come mai?

“Quando una relazione finisce, il dolore colpisce inevitabilmente entrambi gli ex partner. Ovviamente le reazioni dipendono da tanti fattori, tra i quali la causa della separazione, il carattere degli ex-partner e la loro capacità di reagire alle delusioni, il grado di coinvolgimento individuale e l’importanza che era stata data alla relazione. In linea generale, però, possiamo dire che i due sessi reagiscono in modo differente: le donne provano un dolore più intenso dopo la fine di una relazione, sia in termini di dolore fisico che di dolore emotivo (angoscia), ma mostrano una ripresa più rapida e completa che, alla fine, le rende più forti. Gli uomini, d'altra parte, non si riprendono mai completamente, semplicemente vanno avanti. I dati derivano da uno studio dell’Università di Binghamton e dell’University College di Londra, diretto dall’antropologo Craig Morris. Morris ha affermato che le rotture sono importanti: la maggior parte di noi ne sperimenta una media di tre entro i 30 anni, con almeno una che ci colpisce abbastanza fortemente da ridurre sostanzialmente la qualità della nostra vita per settimane o mesi. Ci sono persone che perdono il lavoro, studenti che si ritirano dalle lezioni e persone che possono mettere in atto modelli di comportamento estremamente autodistruttivi dopo una rottura. Una migliore comprensione della risposta emotiva e fisica alla fine di una relazione può aiutare, però, a trovare strategie per mitigare gli effetti negativi”.

Ma se il cervello, come abbiamo visto, ricopre un ruolo centrale nell’amore, perché si dice che questo è irrazionale?

“Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”: è così perché la ragione è sospesa. Quando Blaise Pascal ha pronunciato queste parole non poteva sapere che la ragione è effettivamente sospesa perché, almeno temporaneamente e almeno in relazione al giudizio sulla persona amata, i lobi frontali, come spiegato, sono sospesi. In effetti, si realizza una sospensione selettiva del giudizio: gli innamorati sospendono il giudizio sui loro amanti, ma non su altre cose o su altre persone. La sospensione del giudizio è, quindi, selettiva e sostiene un insieme molto specifico di connessioni e operazioni cerebrali quando si tratta di amore. L’insieme di questi fenomeni rende ragione delle forti emozioni che si provano in fase di innamoramento e della scarsa o nulla lucidità, che almeno una volta nella vita dobbiamo ammettere di aver provato. Per concludere questa breve riflessione sull’amore romantico, che resta troppo complicato per essere spiegato solo dal punto di vista neurobiologico, consigliamo a tutti, da buoni meridionali quali siamo, l’ascolto di belle canzoni d’amore come quelle di Nino D’Angelo ("Mente e cuore, autore A. Annona"), di Andrea Sannino ("Abbracciame") e Vinicio Capossela ("Che coss’è l’amor")”.

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