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Domenica, 28 Aprile 2024
Reazione a catena

Niente aumento degli stipendi né taglio alle tasse: i ritardi del Pnrr complicano tutto

I problemi nell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza complicano i dossier economici del governo Meloni: non solo taglio del cuneo e riforma fiscale, ma anche pensioni, flat tax e bonus vari. E il debito pubblico raggiunge un nuovo record. I soldi in cassa erano pochi: ora sono di meno

I progetti tagliati del Pnrr che rischiano di sparire nonostante il piano B del governo

La prossima legge di bilancio si complica già a luglio e le riforme che il governo Meloni ha in mente rischiano di esistere solo nella mente della maggioranza. I noti ritardi del Pnrr possono essere un serio ostacolo ai più importanti dossier economici del governo e già pesano sulle casse dello Stato. Nei piani dell'esecutivo la manovra finanziaria 2023-2024 doveva contenere misure più strutturali rispetto a quelle "spot" viste finora: non solo un taglio permanente al cuneo fiscale per aumentare gli stipendi, ma anche la riforma di tasse, pensioni e la flat tax, per citarne alcune, oltre alle spese "obbligate" che lo Stato deve sostenere ogni anno. Senza i fondi del Pnrr lo spazio d'intervento si riduce ulteriormente e saremo costretti a trovare nuove risorse sui mercati: vuol dire aumentare il debito pubblico, ancora. Ecco perché i ritardi del Piano ci riguardano da vicino.

I ritardi del Pnrr

Il Pnrr è in ritardo rispetto alla tabella di marcia prevista. Finora l'Italia ha ricevuto solo una parte dei fondi, quasi 67 miliardi di euro, grazie a prefinanziamento, prima e seconda rata. Dopo sette mesi il governo ha raggiunto un accordo con la Commissione europea sulla terza rata da 19 miliardi relativa agli obiettivi da raggiungere nel secondo semestre del 2022, ma ci sono forti dubbi sull'arrivo della quarta nel 2023, la cui richiesta scadeva il 30 giugno scorso. Il governo Meloni ha infatti raggiunto un'intesa con la Commissione modificando 10 dei 27 obiettivi per ottenerla.

Perché l'Italia non riesce a spendere i soldi del Pnrr

Nel frattempo, il ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto è ottimista sul raggiungimento degli obiettivi e nega i ritardi, ridimensionandone la portata. "Al momento tre Paesi hanno chiesto il pagamento della terza rata, Spagna, Italia e Grecia, e nessuno ha chiesto quello della quarta. Se noi siamo in ritardo, gli altri che situazione hanno?", ha detto Fitto. Il Ministro ha ragione sui Paesi che hanno richiesto i pagamenti, ma la seconda parte della sua frase è fuorviante.

I ritardi del Pnrr: il grafico della Commissione europea su quanti sono soldi sono arrivati finora in Italia

Oltre le difficoltà nel paragonare i diversi Pnrr degli Stati europei, bisogna considerare la differente rateizzazione concordata dai singoli governi con la Commissione: l'Italia ha previsto di ricevere 10 rate in cinque anni, la Spagna 8. E in più, il governo spagnolo ha già ricevuto il pagamento della terza rata con un tasso generale di raggiungimento degli impegni del 29%: noi siamo fermi al 18%. 

Perché il Pnrr conta, anche per il debito pubblico

Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti non è animato dallo stesso ottimismo del ministro Fitto. Il motivo è da ricercare proprio nei ritardi del Pnrr e del conseguente impatto sui conti dello Stato: mancano i soldi che si pensava di avere. "Chiaramente se la terza rata fosse entrata prima sarebbe stato meglio. Stiamo gestendo però la situazione confidando che quanto prima questa benedetta terza rata venga finalmente somministrata", ha detto Giorgetti commentando i ritardi del piano.

Senza terza e quarta rata in cassa mancano infatti 25 miliardi di euro ed era già noto che per la prossima legge di bilancio i fondi disponibili sarebbero stati risicati. Ecco perché i ritardi del Pnrr possono avere un impatto negativo anche sul debito pubblico, che nel frattempo a maggio 2023 ha raggiunto un nuovo record: bisognerà trovare nuove risorse indebitandosi sui mercati ed emettendo più titoli di Stato. 

Così il governo vuole mettere più debito pubblico nelle tasche degli italiani

Come si legge nel dossier della Camera dei Deputati sul "Quadro di finanza pubblica del Pnrr", i ritardi del piano peseranno sul debito pubblico 20 miliardi di euro in più rispetto alle stime iniziali, da qui fino al 2026. I primi tre anni del Pnrr hanno migliorato il debito ma per il prossimo triennio il quadro cambia, in peggio, perché "restano da erogare, per cassa, spese pari a 179,8 miliardi, a fronte di entrate da sovvenzioni, ancora da incassare, pari a soli 39,9 miliardi", si legge nel documento.

In pratica, i ritardi del Pnrr hanno posticipato la realizzazione di alcuni progetti rispetto a quando sono stati ricevuti i relativi finanziamenti: nei primi anni si sono incassati più soldi rispetto ai progetti realizzati, diminuendo il ricorso all'emissione di titoli di Stato - e quindi maggior debito -, ma i progetti spostati più in là nel tempo provocheranno l'effetto opposto, ossia un maggiore bisogno di trovare nuovi fondi sui mercati, anche a condizioni peggiori.

Pnrr, i progetti di cui abbiamo più bisogno rischiano di saltare

Come spiega il dossier della Camera "Infatti, mentre nella prima parte di attuazione del dispositivo l’eccedenza delle entrate Pnrr da prestiti e sovvenzioni sulle relative spese ha concorso a finanziare le altre spese del bilancio pubblico, riducendo la necessità del ricorso al mercato con conseguenti riflessi positivi sui tassi, nella seconda fase di attuazione del dispositivo potrebbe accadere l'inverso". 

Come aumentare gli stipendi: il taglio del cuneo fiscale nel 2024

Nel bilancio dello Stato non c'è solo il Pnrr. In un contesto in cui l'inflazione continua a ridurre il potere di acquisto dei consumatori, il taglio del cuneo fiscale del governo Meloni ha prodotto un lieve aumento degli stipendi ma solo in via temporanea, per 7 mesi, fino a dicembre 2022. Nei piani dell'esecutivo c'è sempre la volontà di rendere il taglio del cuneo strutturale. Ma è difficile pensare accada da gennaio 2023.

Il taglio del cuneo fiscale nel 2024: quanto costa la riconferma

Se si aggiunge la detassazione dei premi di produttività, l'assetto in vigore è costato 4,8 miliardi di euro. Per confermare il pacchetto nel 2024 ne servirebbero 10. Senza contare le altre misure sul lavoro, come la decontribuzione per l'assunzione degli under 35. Oltre le misure su lavoro e stipendi c'è poi tutto il resto da finanziare ma le risorse a disposizione sono sempre quelle, potenzialmente anche meno.

I conti del governo verso la legge di bilancio 2024

Dunque, la prossima legge di bilancio si complica ancora prima di nascere. In sintesi, serviranno circa 25 miliardi solo per confermare l'impianto attuale che però sappiamo essere fatto di misure temporanee. Non c'è infatti solo il taglio del cuneo fiscale da rendere permanente. Ci sono anche le pensioni da riformare per evitare il ritorno alla Legge Fornero, ma come successo negli ultimi anni una "Quota" metterà una pezza: in questo caso, confermare Quota 103 costa 1,2 miliardi. Le stesse pensioni, a causa della rivalutazione in base al costo della vita sempre più alto, nel 2024 produrranno nuovi costi per le casse dello Stato di circa 4 miliardi.

Pensioni: chi può lasciare il lavoro a 60 o 63 anni nel 2024, secondo le ipotesi di oggi

Nelle intenzioni del governo ci sarebbe poi l'avvio della riforma fiscale, a partire da una riduzione delle aliquote Irpef da 3-4 miliardi, a cui si aggiungono altre misure "portanti" come il "pacchetto famiglia" e il rinnovo di contratto per 3,2 milioni di dipendenti statali: il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo ha indicato in 7-8 miliardi una cifra "realistica" per i rinnovi. 

E queste sono solo le voci generali di spesa. Secondo i dati del Documento di economia e finanza, lo spazio in vista della prossima legge di bilancio 2023-2024 è di circa 5,5 miliardi di euro. Ma questo dato dovrà essere confermato nella Nadef - Nota di aggiornamento al Def - di settembre, prossima tappa di avvicinamento alla manovra finanziaria di fine anno, in cui bisognerà mettere a consuntivo anche i ritardi del Pnrr. 

Ecco perché il ministro Giorgetti vuole avere dei punti fermi già entro luglio: il ministro dell'Economia terrà infatti una serie di incontri con i colleghi degli altri ministeri per andare verso quello che lui stesso ha definito un "Ordinato processo di sessione di bilancio". Ogni singolo ministero mostrerà i propri programmi e "l'impatto finanziario dei medesimi", a partire dai limiti imposti dal Ministero dell'Economia e delle Finanze: "La finanza pubblica deve essere responsabile - come ha indicato Giorgetti -. Faremo il deficit che abbiamo previsto di fare, quello che è necessario e giusto, non faremo delle cose che non hanno senso e ci portano fuori strada".

Ci stiamo scavando la fossa da soli: sul Pnrr si è capito solo questo

Per di più, la prossima legge di bilancio arriva in un momento politico importante per l'Europa, tra elezioni dell'Europarlamento e negoziazioni sul Patto di stabilità: il governo Meloni si trova nella posizione difficile di dover fare una legge di bilancio per rispondere a esigenze stringenti non solo economiche, ma anche elettorali, con una potenziale instabilità proprio all'interno della maggioranza. Ci sarà da sgomitare per spartirei le poche risorse disponibili. Sullo sfondo, i ritardi del Pnrr complicano tutto. 

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