rotate-mobile
Domenica, 28 Aprile 2024
L'intervista a Today

Leonardo Lidi, dal teatro alla serie "Antonia": "Con la commedia do voce alle difficoltà di una generazione"

Intervista all'attore di cinema e tv e regista teatrale di recente in "Antonia" ed "Everybody Loves Diamonds". Con un'anticipazione sulla stagione 2 della serie con Chiara Martegiani

"Ho fatto L'Isola delle Rose, ho fatto Antonia, spesso sono passato dalla commedia e devo dire che, non essendo io esattamente il re della festa nella vita, mi fa molto piacere essere chiamato per fare delle commedie". Se, come noi, avete conosciuto e apprezzato Leonardo Lidi nei sopracitati titoli e/o in Everybody Loves Diamonds e - stando all'Auditel qui siamo in pochi - nella sfortunata Noi remake di This is us, potreste inizialmente stupirvi del fatto che non si definisca una persona estremamente solare ed estroversa.

Perché invece i suoi personaggi sono spesso divertenti, con la battuta pronta, ottimisti... ma in effetti a pensarci bene anche loro hanno delle ombre, degli aspetti intimi e interiori profondi, coperti solo superficialmente da quelle battute. Ma mentre Matthew Perry (che Lidi cita per una serie di Sorkin) in Friends porta in scena il suo personale disagio mascherato dalle battute di Chandler, Lidi interpreta le difficoltà di una generazione di cui lui è, a tutti gli effetti, un eccezionale rappresentante.

Leonardo Lidi in scena

Nato nel 1988 a Piacenza, "la recitazione mi ha accompagnato da quando sono bambino". A 17 anni mette in scena la sua prima regia teatrale, a 23 si diploma come attore alla Scuola del Teatro Stabile di Torino, a 29 vince il bando per registi under 30 al Festival internazionale del teatro della Biennale di Venezia. Porta in scena e scrive i suoi spettacoli, smette di recitare a teatro per dedicarsi solo a regia e drammaturgia (solo...), e nel 2021 diventa vicedirettore della scuola dello Stabile di Torino. E poi appunto, la carriera di attore in film e serie tv...

Un curriculum impressionante per un uomo della sua (nostra) generazione, a cui "l'estremo precariato ha fatto accettare qualunque lavoro", e questo non si discute. Eppure, non solo dimostra di avere piena consapevolezza della rarità della sua condizione, ma prova, e a nostro avviso riesce, a portare sullo schermo, attraverso i suoi personaggi, quelle difficoltà che la generazione "millennial" ha ormai talmente interiorizzato da riuscire a viverle con il sorriso.

Lo intercettiamo al telefono durante le prove per il suo prossimo spettacolo per lo Stabile di Torino e, condividendo la città di residenza, si scherza sui differenti accenti e Lidi racconta che per L'Isola delle Rose si trasferì per qualche mese a Rimini per assimilare, da piacentino, un po' di parlata romagnola. "Senza grandissimi risultati, perché comunque emiliano e riminese sono diversi" si schermisce, ma questo aneddoto fa capire un altro lato della professionalità di Lidi (come ci era capitato in passato con un altro attore): uno che non si improvvisa, uno che studia con la passione di chi fa solo ciò in cui crede e soprattutto uno che dà delle risposte tutt'altro che banali. E dunque vediamo come Lidi racconta sé stesso, il proprio lavoro e la sua visione del mondo. 

In Antonia il tuo personaggio mi ha colpito perché in apparenza è un burlone, ma in realtà nasconde un tormento interiore. Come ti sei approcciato a questo Marco (qui sotto una clip esclusiva dalla serie di Prime Video)?

"Marco è un personaggio che vive una crisi generazionale e avvia un'azione di riscoperta. Una cosa che fa riflettere già solo perché molti della nostra generazione più che riscoprirsi devono proprio ancora scoprirsi, visto che l'inizio delle esperienze di vita e professionali ritarda sempre di più.

Quindi io (Marco) vengo in qualche modo travolto, come in tanti casi, dalla nascita di un figlio: questo tsunami comporta delle difficoltà profonde nella sua persona e in questa confusione ci sono nuovi inizi. Viene accusato dalla moglie di non essere abbastanza presente, di non essere comprensivo, di non essere in ascolto, quando in realtà anche lui avrebbe tanto bisogno di parlare, infatti devo dire che Antonia è molto generosa nel suo occuparsi di Marco, seppure a modo suo.

Questo aspetto del mio personaggio l'ho trovato molto interessante appunto perché secondo me tutti noi personaggi di Antonia riusciamo a raccontare una generazione che pur con il sorriso, con i social che ci mostrano sorridenti, con la 'maschera dello stare bene' si trova comunque spesso in difficoltà. E raccontare questa difficoltà con il tono della commedia secondo me è una scelta molto giusta in questo periodo storico per far passare il messaggio".

La prima volta che ti ho notato, e che avrei voluto parlare con te, è stata quando ti ho visto in Noi, in cui sei riuscito più di tutti a ridarmi quelle stesse sensazioni che mi dava il personaggio originale di This is us, nel tuo caso Toby. Mi veniva voglia di abbracciarti, perché si capiva che al di là dei sorrisi e delle battute il tuo personaggio aveva qualcosa dentro che lo tormentava. E in effetti la stessa cosa l'ho percepita guardandoti in Everybody Loves Diamonds... Tu quindi fai spesso questi personaggi all'apparenza allegri e spensierati ma in realtà con tutto un vissuto profondo.

"Eh ma perché se si parla dell'umano, se si parla delle dinamiche della persona, anche dei suoi aspetti ridicoli, poi diventa tutto più facile e più credibile anche quando diventiamo commedia, quando diventiamo ridicoli a noi stessi, quando non ci capiamo più un cazzo di quello che stiamo combinando... Alla fine è anche il bello dell'essere umano, la sua ridicolaggine. Senza bisogno di arrivare alla comicità che è un'altra cosa". 

Leonardo Lidi e Kim Rossi Stuart sul set di Everybody Loves Diamonds

È vero che invece scrivi i tuoi spettacoli teatrali con la rabbia di chi vede il proprio amore, il teatro, venire maltrattato e decide di vendicare l'offesa subita?

"Sì è il mio processo creativo. Devo dire che andare a teatro è la mia passione ma anche il mio motore per permettermi tutto, poi lo studio in generale dell'essere umano attraverso il teatro ha rappresentato anche un'emancipazione personale per uno come me che viene dalla provincia: un'emancipazione non tanto dal luogo ma da me stesso in quel luogo. A proposito di crisi generazionale, di cosa vogliamo, chi siamo e dove vogliamo arrivare... 

Io ad esempio sono coordinatore qua alla scuola di teatro dello Stabile di Torino e mi rendo conto che la generazione dopo la nostra non ha nel lavoro l'unico pensiero come magari potevamo avere noi. Riescono magari anche a viversela in maniera più sana, invece noi che professionalmente siamo nati in un precariato totale abbiamo accettato qualunque cosa ci aiutasse a emanciparci, a realizzarci, o anche solo ad arrivare alla fine del mese. 

Ed è appunto questa crisi generazionale che ritrovo molto nei miei personaggi, e rappresentarla attraverso la commedia è secondo me sempre un'ottima scelta, perché la commedia è un po' il nostro 'padre' rispetto al cinema e anche alla drammaturgia italiana". 

Anche perché ho letto che quando, nel riscrivere una tragedia del teatro classico, ti ritrovi a ridere vuol dire che sta funzionando. 

"Di solito sì, proprio per il discorso dell'umano che ti dicevo. Non bisogna far sì che sia l'eco, i colori che siamo abituati a vedere a suggerirci gli spettacoli, perché i contenuti della tragedia sono capaci di farci ridere anche della ridicolaggine della Medea di Euripide, per citare quello su cui stiamo provando adesso. E sicuramente riuscire a ridere di una madre che pensa di uccidere i propri figli vuol dire aver preso a 360° il carattere di un personaggio, altrimenti rimaniamo un po' sul bidimensionale, e spesso è quel che si vede purtroppo è la bidimensionalità dei personaggi".

Mi è venuto in mente quel verso di Fabrizio De Andrè in Amico Fragile... "lo sa che io ho perso due figli" "Signora lei è una donna piuttosto distratta". È un po' quello il senso?

"Eh sì, io poi tra i grandi del passato penso sempre a Enzo Jannacci quando scrivo, che comunque non è il mio 'maestro' in senso stretto ma le sue canzoni mi hanno sempre dato il coraggio per rischiare di essere anche fuori luogo rispetto a ciò che poteva essere ritenuto corretto, e questo coraggio mi dà una grande libertà: forse è questo il senso di fare arte, no?"

Libertà di fare qualcosa di "storto", per citare un aggettivo che hai usato per definire i tuoi spettacoli. Perché storto?

"Storto vuol dire non farsi guidare per forza di cose dalle aspettative, da quello che si ritiene giusto, da quello che bisogna fare per ottenere qualcosa, storto significa non muscolare, non vincente. L'arte non può essere dritta per dritta nell'obiettivo del progetto, deve essere capace di fare una radiografia, di essere trasparente. E quando riusciamo a essere trasparenti, come diceva Peter Brook a 'mettere lo specchio alla natura', questo vuol dire rappresentare con sincerità l'essere umano. E sincerità è un altro termine che torna spesso, perché non bisogna fraintendere la sincerità con la verità, nel senso che non dobbiamo essere veri ma essere sinceri e non dobbiamo essere finti ma essere artefatti, in sincerità nell'artificio, e non veri nella falsità. 

Cerco poi di portarmi questi studi dal teatro al set, nel senso che alla fine la recitazione cambia, mutano sicuramente la forma, la dinamica, la forza che bisogna utilizzare, a volte riuscendoci altre no, ma la sincerità non deve mai mancare. In questo devo dire che ho avuto la possibilità di lavorare con grandi attori, e ultimo Valerio (Mastandrea, ndr) che è maestro di sincerità. Io sono stato molto felice di trovare Chiara (Martegiani, ndr) per la sua forza e anche per la sua generosità perché comunque come si capisce dal racconto di questa storia, a proposito di trasparenza, Chiara ha avuto il coraggio di essere totalmente trasparente rispetto allo spettatore, di donare una storia - e ci vuole un grande coraggio secondo me per farlo. E Valerio appunto perché per me è sempre stato maestro di questa trasparenza di cui parlo".

A proposito, tornando ad Antonia, quello che colpisce nella dinamica tra te e Chiara Martegiani è che, man mano che passa il tempo, sembri più tu, Marco, l'amico di Antonia che non Barbara Chichiarelli ovvero Radiosa, sbaglio?

"Forse tra Marco e Radiosa questo figlio ha generato una barriera che non si riesce ancora a distruggere, forse riuscirà a essere scalfita solo nella loro ultima scena e speriamo di avere la possibilità di una seconda stagione per poter vedere che cosa faranno questi personaggi". 

Lo speriamo anche noi...

"E quindi sì, c'è un'amicizia tra loro che poi è nata anche sul set: ho incontrato una nuova amica a cui sono molto affezionato"

Parlando invece del tuo rapporto con il palcoscenico e lo schermo, come mai a teatro hai deciso di smettere di recitare mentre al cinema e in tv ti dedichi solo alla recitazione?

"La risposta non è semplice. Ho avuto delle bellissime occasioni in questi anni, e come regista teatrale in primis sono tanto sostenuto, tanto accompagnato, il pubblico inizia a volermi bene da un po' di anni. E quindi non voglio fare tutto in maniera bulimica, non voglio fare tutto senza vivere e devo dire che la mattina mi sveglio e penso alle regie teatrali, non penso a come recitarle.

Quindi a proposito della sincerità, anche con sé stessi, la cosa che mi dà più gioia nello svegliarmi al mattino è progettare le regie. Però allo stesso tempo non volevo completamente smettere di recitare, escludere la recitazione dalla mia vita, perché comunque mi ha sempre accompagnato, e avere l'opportunità di farlo al cinema e in televisione, che comunque forse sono anche più vicini al mio approccio recitativo, mi ha portato a fare una scelta un po' dolorosa, che mi è costata un po' prendere, però devo dire che dopo averla presa mi sono molto rilassato. 

Poi non vuol dire che non tornerò a recitare anche a teatro, vediamo se ne avrò voglia, perché poi è un discorso di cercare di seguire i propri desideri più che i propri obiettivi". 

E al contrario potresti invece pensare di approdare alla regia anche sul piccolo o grande schermo? 

"No no no ... no, no, no, lo escludo perché io ho studiato tanto per fare quello che faccio. La mia prima regia teatrale l'ho fatta a 17 anni bruciando tutte le tappe bruciabili, e la recitazione mi ha accompagnato da quando sono bambino. Quindi non mi vorrei mai improvvisare in un ruolo: non è una cosa che mi interessa, probabilmente la vivrei con ansia e non voglio che l'ansia mi accompagni in questa vita. Già in precedenza l'ansia è stata uno dei motivi per cui la recitazione in teatro mi iniziava un po' a spaventare, quella cinematografica invece mi diverte, diventa proprio un'oasi felice dove continuare a divertirsi tramite la recitazione, per cui spero di continuare ad avere altre occasioni". 

Sì, per quanto mi riguarda avrei voluto continuare a vederti anche in Noi, se fosse dipeso da me l'avrei rinnovata, ma ovviamente così non è...

"Sono decisioni che non non passano certo da noi attori. Anche a me è spiaciuto, perché poi sapevo cosa sarebbe successo nella seconda stagione..."

Sì, personalmente poi mi ci ero affezionato, ho anche intervistato la mia "omonima" Marta Pizzigallo, con cui hai recitato e che mi ha parlato di te. Ma invece qual è il tuo rapporto con la televisione, non da professionista ma da utente?

"La guardo e devo dire che i miei più grandi studi da spettatore, oltre ad andare all'estero a guardare spettacoli in teatro, sono stati con format televisivi, perché Aaron Sorkin è stato un po' il mio modello. Da West Wing mi sono proprio innamorato, lo riguardo costantemente, poi certo film come The Social Network eccetera. Mi guardo molti film e molte serie, meno programmi, per questioni di interesse rispetto al mio lavoro. Guardo molte serie, vado molto al cinema, tantissimo a teatro, vedo solo cose in lingua originale - non me ne vogliano i doppiatori..."

Parli tedesco?

"Parlo piacentino e basta". 

Te lo chiedo perché ho letto che ti capita di vedere gli spettacoli teatrali in tedesco, e personalmente la trovo parecchio ostica pur guardando tutto o quasi in lingua originale.

"No, ma il teatro ha un altro linguaggio, a teatro si capisce tutto. E poi magari spesso vado a vedere opere di cui conosco i testi, essendo un divoratore di testi teatrali.

Come lingue io faccio fatica con tutto ma mi lascio accompagnare. Ho imparato a fare così e per fortuna vivendo a Torino ho la possibilità di andare spesso al cinema a vedere film in lingua originale: una grande cosa avere tanti teatri e tanti cinema a disposizione, per chi come me arriva dalla provincia, ti fa sentire come se avessi più aria da respirare". 

Anche se l'aria qui a Torino non è esattamente la più pulita... Analisi dell'aria a parte, volevo ancora chiederti, come faccio sempre, se ci sono delle serie tv o dei telefilm a cui sei particolarmente affezionato.

"Allora come dicevo Aaron Sorkin quindi West Wing ma anche Newsroom, in generale tutto il suo lavoro è stato per me un credo da studiare, anche come drammaturgo. Sorkin ha fatto tante serie anche di una sola stagione, penso a Studio 60 on sunset Strip con il recentemente scomparso Matthew Perry, che raccontava uno show simile al Saturday Night Live. Poi Sorkin ha sempre i 'suoi' attori, e questa è un'altra cosa che cerco anche io di ricreare, una dinamica di grande intimità tra una sorta di compagnia e un regista..."

E come telefilm, invece, quelli che magari guardavi da ragazzino? 

"Ah guarda io per forza di cose... (ride) Beverly Hills perché avendo un fratello più grande ci sono proprio piombato a piedi uniti..."

Già che ci siamo ne approfitto per uno scambio di pareri finale: hai visto True Detective? 

"Sì, e tra l'altro sono un grande amante della stagione 2 che non è piaciuta a nessuno".

Neanche a me infatti, mentre invece ho gradito (finale a parte) quest'ultima con Jodie Foster. 

"Io invece preferisco la seconda, vedi, sono gusti..."

Leonardo Lidi Teatro Stabile Torino

Ci salutiamo dandoci appuntamento alle Fonderie Limone di Moncalieri, "costola" dello Stabile di Torino dove dal 2 al 21 aprile sarà in scena la sua Medea di Euripide. Di sicuro ci sarà anche da ridere. 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Leonardo Lidi, dal teatro alla serie "Antonia": "Con la commedia do voce alle difficoltà di una generazione"

Today è in caricamento