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Venerdì, 26 Aprile 2024
L'accordo / Cina

Putin e il nuovo gasdotto che arriverà in Cina

Pechino non è l’unica ad aiutare Mosca a risollevarsi dal colpo delle sanzioni occidentali. Anche New Delhi sta facendo affari con la Russia

La Russia volge lo sguardo verso l’Asia in cerca di nuovi mercati per sostituire quelli persi a causa delle sanzioni occidentali. Il leader del Cremlino Vladimir Putin sa che può contare su due giganti asiatici, Cina e India, per risollevare l’economia russa. L’occasione ghiotta per Mosca è stato l’evento annuale dell’'Eastern Economic Forum a Vladivostock, dove Putin ha accolto lo scorso 7 settembre diversi funzionari e premier stranieri per incoraggiare gli investimenti stranieri nella regione. In una sfilata di dignitari, il leader del Cremlino ha stretto la mano anche al primo ministro della Mongolia, Luvsannamsrai Oyun-Erdene, per suggellare l’accordo della costruzione del “Power of Siberia 2”, il gasdotto che attraverserà il territorio mongolo per portare il gas russo alla Cina.

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La società statale russa Rosneft ha raggiunto accordi specifici con Ulan Bator per avviare nel 2024 la costruzione della nuova infrastruttura che sarà completata entro il 2028: si tratta di una pipeline lunga 2.600 chilometri che avrà una capacità di 50 miliardi di metri cubi di gas l'anno.

Frutto di un accordo del 2019, il nuovo gasdotto verrà probabilmente festeggiato con un brindisi tra Putin e il presidente cinese Xi Jinping a margine del vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco), in programma il 15 e 16 settembre, in quello che sarà il primo viaggio del leader cinese all’estero da quando il governo di Pechino ha chiuso le frontiere cinesi per la pandemia di Covid-19. 

Il mercato cinese appare sempre più appetibile per Mosca, anche se in prospettiva: nel 2021, le esportazioni di gas russo alla Cina hanno raggiunto quota 16,5 miliardi di metri cubi. Poco prima di far partire l’invasione russa in Ucraina, il leader del Cremlino ha firmato con il suo omologo cinese Xi un contratto di trent'anni per la fornitura di gas attraverso un nuovo gasdotto, suggellando una “amicizia senza limiti”.

Quali sono gli obiettivi di Putin

Con il nuovo progetto infrastrutturale, la Russia mira ad aumentare il flusso di gas verso la Cina. Perché il gas di Mosca arriva già da tempo in Cina attraverso la pipeline “Power of Siberia”, frutto di un accordo siglato tra Putin e Xi nel 2014: il gasdotto, lungo 3mila km, è stato completato nel 2019 per un costo totale di 55 milioni di euro. Si tratta di un’infrastruttura mastodontica che restituisce il peso delle relazioni bilaterali sino-russe. Per avere un paragone, la pipeline “Power of Siberia” consente il passaggio di 38 miliardi di metri cubi di metano all’anno, mentre il “Nord Stream”, che collega la Russia all’Europa, ha una capacità di 50 miliardi di metri cubi all’anno. 

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L’aumento dei flussi in Cina avrà riflessi anche per l’Europa, dal momento che Mosca attingerà alle stesse riserve che erano in precedenza indirizzate al Vecchio continente. Gazprom così può reindirizzare le sue esportazioni verso l’Asia a prezzi scontati. 

Le esportazioni russe verso la Cina, in gran parte energetiche, hanno avuto un balzo del 50% nei primi otto mesi del 2022, toccando quasi i 73 miliardi di dollari. Secondo i dati doganali cinesi analizzati dal South China Morning Post, la testata di Hong Kong in lingua inglese, nei primi sette mesi del 2022, la Cina ha acquistato un totale di 2,76 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto, per un valore di 2,47 miliardi di dollari. Il volume delle importazioni di gas è aumentato del 27,4% su base annuale, mentre secondo il SCMP il valore sarebbe salito al 161%. 

Nei primi sei mesi dell’anno, la fornitura di gas russo alla Cina è salita al 64,3%, per un valore quasi triplicato che ha raggiunto quota 1,98 miliardi di dollari, rispetto al semestre precedente. La Cina, stando a quanto scrive Bloomberg, sembra ben propensa di accettare il gas russo, pur consapevole di finanziare la guerra in Ucraina (che Pechino non ha mai condannato).

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Il quotidiano statunitense, citando operatori anonimi, rivela che la Russia sta vendendo gas naturale liquefatto dal progetto Sakhalin-2 nell'estremo oriente alla Cina con uno sconto del 50%, continuando quindi a realizzare profitti. A sua volta, scrive Bloomberg, "sembra che la Cina sia felice di accettare carichi di GNL russi a prezzi scontati, scambiando forniture alternative che possono quindi essere indirizzate in Europa a prezzi più elevati". Le major cinesi dell'energia avrebbero infatti intensificato le vendite di gas naturale liquefatto verso il Vecchio continente, vista la debole domanda economica di Pechino legata alle restrizioni Covid.

Anche l’India fa affari con la Russia

Pechino non è l’unica ad aiutare Mosca a risollevarsi dal colpo delle sanzioni occidentali. Anche New Delhi sta facendo ottimi affari con la Russia. Una recente inchiesta del Financial Times, che ha analizzato i dati forniti dalle autorità doganali cinesi e indiane, ha messo in luce come l’aumento delle vendite di petrolio russo all’India e alla Cina stia compensando buona parte del calo delle esportazioni in Europa. 

In base ai dati analizzati dal FT, nel secondo trimestre del 2022, Cina e India hanno importato 11 milioni di tonnellate di petrolio in più dalla Russia rispetto ai tre mesi precedenti, per un valore di 9 miliardi di dollari.

A tirare le fila economiche è New Delhi, le cui importazioni di petrolio dalla Russia sono passate da 0,6 milioni di tonnellate del primo trimestre del 2022 agli 8,4 milioni nel secondo. La Cina, che era un acquirente di greggio russo già prima dello scoppio della guerra russa in Ucraina, ha incrementato il livello di importazioni nel mese di maggio, quando ha acquistato due milioni di barili al giorno, ossia 0,2-0,4 milioni al giorno in più rispetto ai volumi dei primi due mesi del 2022.

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Cina e India traggono così vantaggio dalle conseguenze economiche derivanti dalla guerra in Ucraina. Alexander Gabuev, senior fellow presso il think tank Carnegie Endowment for International Peace, ha detto al Financial Times che Pechino e New Delhi stanno “sfruttando le opportunità sul mercato”. Il loro, ha spiegato, “non è un desiderio volontario di aiutare Putin; è solo un modo cinico e pragmatico di sfruttare la situazione nel loro interesse”.

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