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Lunedì, 29 Aprile 2024
motivi e soluzioni

Crollo degli stipendi, in Italia si guadagna sempre meno: i dati sono chiari

L'aumento dei prezzi ha cancellato i minimi aumenti registrati: tra le grandi economie Ocse nessuno fa peggio dell'Italia

In Italia gli stipendi sono diminuiti, ancora, mentre i prezzi sono in continuo aumento. L'Ocse fa questa fotografia del nostro Paese nel suo ultimo report "Prospettive sull'occupazione": tra le grandi economie, nel 2023 l'Italia ha registrato il calo dei salari reali - cioè rapportati all'inflazione -, più importante rispetto al periodo precedente la pandemia. "La perdita di potere d'acquisto - fa notare l'Ocse - ha un impatto più forte sulle famiglie a basso reddito, che hanno una minore capacità di far fronte all'aumento dei prezzi attraverso il risparmio o l'indebitamento". E dall'organizzazione economica sono arrivati appunti anche sull'introduzione del salario minimo

I prezzi aumentano, gli stipendi diminuiscono

"L'Italia è il Paese che ha registrato il calo dei salari reali più forte tra le principali economie Ocse. Alla fine del 2022, i salari reali erano calati del 7,3% rispetto al periodo precedente la pandemia. La discesa è continuata nel primo trimestre del 2023, con una diminuzione su base annua del 7,5%", si legge nel report dell'Ocse. 

Nel 2023 gli stipendi in Italia sono diminuiti: il grafico dell'Ocse

Secondo le proiezioni Ocse, in Italia i salari nominali - calcolati senza tenere conto dell'aumento dei prezzi -, aumenteranno del 3,7% nel 2023 e del 3,5% nel 2024, mentre l'inflazione dovrebbe attestarsi al 6,4% nel 2023 e al 3% nel 2024. Il problema è proprio l'aumento dei prezzi: l'invasione russa dell'Ucraina ha contribuito a un'impennata dell'inflazione, che non è stata accompagnata da una corrispondente crescita dei salari nominali.

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Di conseguenza, i salari reali sono diminuiti praticamente in tutti i Paesi Ocse, ma in Italia più della media. Le più colpite sono le famiglie a basso reddito, che hanno una minore capacità di far fronte all'aumento dei prezzi attraverso il risparmio o l'indebitamento. 

I contratti collettivi di lavoro affossati dall'inflazione

In Italia, i salari fissati dai contratti collettivi sono diminuiti in termini reali di oltre il 6% nel 2022. Si tratta di un calo particolarmente significativo se si considera che, a differenza di altri paesi, la contrattazione collettiva copre, in teoria, tutti i lavoratori dipendenti. È quanto emerge dall'Outlook
2023 dell'Ocse.

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L'indicizzazione dei contratti collettivi alle previsioni Istat dell'inflazione al netto dei beni energetici importati (Ipca-Nei), recentemente riviste significativamente al rialzo, sottolinea l'organizzazione internazionale, "fa pensare che i minimi tabellari potranno recuperare parte del terreno perduto nei prossimi trimestri.

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Tuttavia, i significativi ritardi nel rinnovo dei contratti collettivi (oltre il 50% dei lavoratori è coperto da un contratto scaduto da oltre due anni) rischiano di prolungare la perdita di potere d'acquisto per molti lavoratori".

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La contrattazione collettiva, sottolinea l'Ocse, possono contribuire a mitigare la perdita di potere d'acquisto dei lavoratori e a garantire una più equa distribuzione dei costi dell'inflazione tra imprese e lavoratori, evitando una spirale prezzi-salari. I dati suggeriscono che nei paesi Ocse c'è spazio per i profitti per assorbire aumenti salariali, almeno per i lavoratori a bassa retribuzione. I governi dovrebbero, inoltre, riorientare i sostegni messi in piedi nell'ultimo anno in maniera più mirata sulle famiglie a basso reddito".

Tra le soluzioni per l'Ocse c'è il salario minimo

"Diverse leve possono essere attivate per limitare l'impatto dell'inflazione sui lavoratori e garantire un'equa ripartizione dei costi tra poteri pubblici, imprese e lavoratori. Il mezzo più diretto per aiutare questi ultimi è quello di aumentare i loro salari, compreso il salario minimo legale, che è fissato dallo Stato", sottolinea l'Ocse nel report di oggi.

"Il salario minimo non ci salverà dal lavoro povero"

In media nei paesi Ocse, i salari minimi nominali, osserva l'organizzazione internazionale, "hanno tenuto il passo dell'inflazione grazie a degli aumenti discrezionali o grazie a dei meccanismi di indicizzazione. Al contrario, le retribuzioni negoziate nell'ambito dei contratti collettivi sono diminuite in termini reali, a causa del ritardo legato alla natura scaglionata e relativamente poco frequente delle trattative salariali".

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