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Venerdì, 26 Aprile 2024
il paradosso

Col nuovo taglio delle tasse conviene guadagnare meno: l'effetto sugli stipendi

Il Dl lavoro approvato dal governo Meloni ha creato uno "scalone" notevole per cui basta un solo euro in più per annullare uno stipendio sulla carta più alto: quali sono le fasce di reddito svantaggiate e come cambia il nuovo netto in busta paga

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Il nuovo taglio del cuneo fiscale introdotto dal governo Meloni con il Decreto lavoro provocherà un aumento sensibile degli stipendi. Il beneficio però non è per tutti: la riduzione della parte contributiva del cuneo fiscale riguarda, in misura diversa, i redditi fino a 35mila euro e la busta paga netta cambia a seconda della retribuzione, con un paradosso: chi guadagna di più, alla fine, avrà uno stipendio netto più basso di chi guadagna meno. Vediamo il perché: le simulazioni ci aiutano a capire come cambiano gli stipendi dopo il nuovo taglio del cuneo fiscale e quali saranno le fasce di reddito più svantaggiate. 

Il taglio del cuneo fiscale con il Dl lavoro

In un simbolico - e criticato -, consiglio dei Ministri riunito il primo maggio per la festa del lavoro, il governo Meloni ha approvato il Dl Lavoro, un pacchetto di misure per i lavoratori. Tra le altre cose, è stato rafforzato il taglio del cuneo fiscale introdotto con il governo Draghi. Il cuneo fiscale è la differenza tra lo stipendio lordo versato dal datore di lavoro e il netto ricevuto in busta paga dal lavoratore ed è composto da tasse e contributi: l'intervento del governo Meloni impatta proprio sulla parte contributiva pagata dal lavoratore. 

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Il nuovo taglio del cuneo fiscale riguarda solo i lavoratori con uno stipendio fino a 35mila euro lordi ed entrerà in azione a luglio 2023, fino a dicembre 2023. Nello specifico lo sgravio contributivo, tutto a beneficio dei lavoratori, viene quindi portato dal 3 al 7 per cento per i redditi fino a 25 mila euro, e dal 2 al 6 per cento per i redditi fino a 35 mila. Il governo Meloni ha dunque potenziato gli interventi sul cuneo, dopo aver confermato nella legge di bilancio votata a dicembre il taglio del 2 per cento introdotto dal governo Draghi fino ai 35mila euro e aumentato la riduzione al 3 per cento per i redditi fino a 25mila euro.

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Il nuovo taglio del cuneo fiscale fino a fine 2023 costa circa 4 miliardi di euro, come previsto dallo scostamento di bilancio approvato in un secondo tentativo di votazione dal Parlamento e contenuto nel Def, il Documento di economia e finanza. Un intervento definitivo sulle buste paga costerebbe circa 11 miliardi, somme che al momento non sono disponibili nelle casse dello Stato, a meno di non arrivare allo stesso obbiettivo - la riduzione delle tasse sul lavoro -, tramite la riforma delle nuove aliquote Irpef in programma per il 2024. 

Come cambiano le tasse con il governo Meloni

Come cambiano gli stipendi con il taglio del cuneo: il nuovo netto

Per le fasce di lavoratori coinvolte il taglio del cuneo fiscale è una buona notizia: grazie alla riduzione della parte contributiva lo stipendio dei lavoratori aumenta. Su base mensile il nuovo netto in busta paga varia a seconda della retribuzione che si percepisce e l'aumento di stipendio può andare da circa 53 a quasi 91 euro. Ad esempio, come si vede dalle simulazioni elaborate dalla Cgil nella tabella sottostante, grazie al nuovo taglio del cuneo fiscale, chi percepisce uno stipendio annuo lordo di 10mila euro avrà circa 53 euro in più netti al mese in busta paga, per arrivare a circa 62 euro con uno stipendio annuale di 15mila euro lordi. 

Di quanto aumentano gli stipendi con il taglio del cuneo fiscale nel 2023: il netto in busta paga

Con uno stipendio di 20mila euro lordi il beneficio è di circa 70 euro di stipendio in più. Con l'attuale taglio del cuneo fiscale, il massimo aumento di stipendio possibile per il 2023 è di 90 euro al mese e riguarda le fasce di lavoratori con retribuzioni annue lorde fino a 35 mila euro, non di più. Superata la soglia dei 35 mila euro, infatti, cambia tutto. 

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Cosa cambia per chi guadagna oltre 35mila euro

Il nuovo taglio del cuneo fiscale deciso dal governo Meloni ha prodotto dei temporanei benefici per i lavoratori, portando a un aumento di stipendio mensile netto che oscilla tra i 53 e i 90 euro. L'intervento riguarda però i redditi lordi fino a 35mila euro: cosa succede oltre questa soglia? Per qualche euro di stipendio lordo in più la situazione cambia e di parecchio. 

Il limite esatto per godere dei benefici del taglio al cuneo è la retribuzione lorda mensile di 2.692,31 euro, che corrisponde ai 35mila euro lordi annui. Al di sopra il beneficio viene azzerato, producendo un paradosso: chi ha uno stipendio lordo superiore a questa soglia, anche di un euro, percepirà una busta paga netta decisamente inferiore. Prendiamo come esempio uno stipendio di 2.693 euro lordi mensili superiore di 1 solo euro alla soglia prevista: l'euro di differenza causerà un guadagno mensile più basso di circa 160 euro in meno lordi, rispetto a chi ha uno stipendio di un euro inferiore.

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L'intervento del governo Meloni ha dunque creato uno "scalone" evidente tra i redditi fino a 35mila euro e quelli appena sopra questa soglia, anche di un euro. In un'audizione alla Camera dei Deputati per la legge delega sulla riforma fiscale, i sindacati hanno fatto notare al governo che "la decontribuzione temporanea, specie dopo l'intervento del governo, finisce per penalizzare molto chi ha redditi di poco superiori ai 35mila euro", ritenendo "urgente introdurre una fascia di décalage". I sindacati auspicano dunque l'introduzione di una fascia "cuscinetto" per assicurare la proporzionalità della misura ed evitare disparità.   

L'unico "vantaggio" che resta a chi guadagna più di 35mila euro è la tredicesima: quella sì, sarà più alta rispetto alle fasce di reddito più basse. In generale, c'è dunque il rischio paradossale che un aumento di stipendio possa diventare uno scenario negativo per la busta paga netta di un lavoratore, in un periodo in cui gli aumenti salariali sono una chimera.

Ma d'altronde evitare che gli stipendi seguissero l'aumento dei prezzi era nelle intenzioni del governo Meloni, come era stato specificato anche nel Def: "Sostenere i redditi delle famiglie tramite una riduzione del cuneo fiscale può limitare la rincorsa salari-prezzi, moderando quindi le aspettative di inflazione degli operatori economici e dei mercati finanziari". In realtà, lo sappiamo bene: la rincorsa non c'è stata.

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