Maurizio Costanzo: "Nessuna pietà per Totò Riina, deve morire in carcere"
Così il giornalista scampato all'autobomba di via Fauro, a Roma, nel 1993, ha commentato in un'intervista al Giornale la pronuncia della Cassazione ruguardo all'ipotesi di scarcerazione del capo di Cosa Nostra: "Lo Stato ascolti i parenti delle vittime, soffrono ancora"
Anche Maurizio Costanzo si è unito allo sdegno suscitato dal pronunciamento della Cassazione sul differimento dell'esecuzione della pena per Totò Riina, il capo di Cosa Nostra per il quale, per la prima volta dal suo arresto, si è schiusa l'ipotesi della scarcerazione.
Era il 1993 quando il giornalista e conduttore televisivo fu vittima di un attentato mafioso dietro al quale c'era proprio Riina. Lui e la moglie Maria De Filippi si salvarono per miracolo, ma il ricordo di quel giorno c'è ancora, come ha raccontato in un'intervista al Giornale.
"È la decisione più assurda del 2017. Per me Riina può morire tranquillamente in carcere. Mi dispiace, ma io non riesco ad avere nemmeno un briciolo di pietà" ha spiegato Costanzo - "Questo signore e i suoi sgherri hanno provocato troppo dolore, troppe morti, troppo di tutto".
"Che muoia in carcere. E poi in galera si viene curati" - ha aggiunto ancora - "Lo Stato deve ascoltare anzitutto i parenti delle vittime che soffrono ancora".
Il conduttore ha poi ripercorso i terribili momenti dell'attentato a Roma, in via Fauro, 24 anni fa: "Magistrati e avvocati mi hanno raccontato come si sviluppò la trama. Io avevo bruciato davanti alle telecamere una maglietta di Cosa nostra. Riina vide e commentò: Questo Costanzo mi ha rotto i c... Quella fu la mia condanna a morte. Se l'attentato avesse avuto successo, chi l'avrebbe spiegato ai miei figli?"
"Quel giorno il mio autista storico aveva chiesto un permesso. Così all'ultimo minuto cambiai auto e chauffeur. Fu la mia fortuna".
