Un anno dopo il sisma il Centro Italia è ancora un tappeto di macerie
A dodici mesi dal sisma di Amatrice e a nove dalle scosse devastanti di fine ottobre nelle quattro Regioni colpite è stato rimosso solo l’8,57% dei detriti. Legambiente: "Necessario accorciare i tempi e dare più poteri al commissario straordinario"
Forse è sbagliato dire che è ancora tutto fermo, ma a un anno dal terremoto che il 24 agosto ha colpito Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo e a nove mesi dalle scosse devastanti di fine ottobre, nelle zone del sisma è sempre più difficile guardare al bicchiere mezzo pieno. In questi giorni lo abbiamo scritto e documentato con diversi articoli: l’economia langue, la ricostruzione è in ritardo, la burocrazia troppo spesso è un ostacolo insormontabile.
Un fallimento certificato dai numeri: ad oggi sono state consegnate solo il 10% delle casette Sae, mentre l’economia è praticamente all’anno zero. Solo il 3% delle attività commerciali e artigiane sono ripartite e la 'No tax area' dal Governo è divenuta un semplice credito di imposta.
E poi ci sono le macerie. Secondo Legambiente, che a primavera scorsa insieme a Fillea Cgil ha avviato un Osservatorio nazionale per una ricostruzione di qualità, finora è stato rimosso solo l’8,57% delle macerie: circa 227.500 tonnellate dei 2.657.000 stimati dalle quattro Regioni.
I numeri Regione per Regione
La stima della Regione Marche, con l’area del cratere più vasta, è di 1.120.000 tonnellate di macerie, di cui 117.500 già raccolte, il 10,50%. Su 87 Comuni colpiti, 52 sono ancora invasi dalle macerie e ben 9 sono ancora inaccessibili a causa dell’inagibilità delle vie di comunicazione, impossibilitati quindi ad avviare la raccolta degli inerti. Situazione estrema è quella di Arquata del Tronto, con le sue frazioni di Pescara del Tronto, Tufo, Capodacqua, assolutamente impraticabili.
L’Umbria e l’Abruzzo stimano rispettivamente 100.000 e 150.000 tonnellate di macerie. E se l’Umbria ne ha raccolto il 10,20%, la Regione Abruzzo non ne ha ancora avviato la raccolta.
Complessivamente rimangono da rimuovere oltre 2.400.000 tonnellate derivanti per la stragrande maggioranza dalle attività di demolizione parziale e totale dei fabbricati che permetteranno di ridimensionare le zone rosse. Sono macerie derivanti da edifici pubblici e da edifici privati pericolanti, la cui rimozione è propedeutica all’avvio della ricostruzione materiale e della rinascita delle comunità colpite. Aspettano di esserne liberati oltre 60 Comuni, con le loro numerose frazioni. Ma a fronte di questi numeri persino la scadenza prevista al 31 dicembre 2018 difficilmente potrà essere rispettata.
"C'è invece la necessità di fare molto prima di quella data - dichiara la presidente di Legambiente Rossella Muroni -. È opportuno che il governo ripensi il ruolo della struttura del commissario straordinario per dargli più poteri e le risorse necessarie per un reale coordinamento. Le differenze nella gestione delle macerie nelle quattro Regioni sono troppe; già chiedevamo un coordinamento più forte ed efficace e il rischio ora è che diventi più debole, visto l’annuncio delle dimissioni di Errani. Siamo consapevoli delle numerose difficoltà incontrate - le ripetute e importanti scosse sismiche, la vastità dell’area interessata, le strade inagibili e insicure per via delle case pericolanti, le demolizioni necessarie per operare in sicurezza - a cui si sono però sommati ritardi per i provvedimenti modificati in itinere, negli affidamenti dei lavori, nel coordinamento tra i diversi livelli istituzionali. Ma la rinascita dell'appennino ha bisogno, ora, di una visione unitaria".
Centro Italia anno zero, 12 mesi dopo il terremoto
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